mercoledì 27 luglio 2016

Cunizza da Romano una donna libera nel Medioevo

"A chi chiede cortesemente amore sarebbe gran villania non concederlo"



Cunizza da Romano nacque alla fine del sec. XII, forse nel 1198. Non se ne hanno notizie anteriori al 1222, quando andò sposa a Rizzardo di San Bonifacio, signore di Verona: un matrimonio politico che avrebbe dovuto suggellare la ristabilita concordia dei da Romano con i San Bonifacio, e fu invece coinvolto nella subito rinnovata ostilità tra le due famiglie per il possesso di Verona. In questo quadro va collocato l'avvenimento che sollevò allora grande clamore e lasciò tanta eco intorno ai suoi due protagonisti: il ratto di Cunizza a opera di Sordello.
Cunizza, su istigazione del padre e dei fratelli, fu rapita dal poeta di corte Sordello da Goito che la ricondusse alla casa paterna. Cunizza se ne innamorò ardentemente e ciò causò la cacciata dalla corte trevigiana di Sordello , che, per sottrarsi alle ire del marchese inferocito, riparò in Provenza.
Cunizza, dal canto suo, si consolò molto presto con un cavaliere trevigiano di nome Enrico da Bovio. Morto Bovio, Cunizza sposò Naimerio Ponzio dei conti di Breganze. Morto anche questi, Cunizza, passò ad altre nozze con un veronese. Visse gli anni della maturità a Firenze dove lo stesso Dante la conobbe, ormai dedita a una vita di espiazione e di carità. Ne parla nel IX Canto del Paradiso, collocandola nel cielo di Venere. Il suo personaggio compare anche nell'opera Oberto, Conte di San Bonifacio, prima di Giuseppe Verdi.
Nel 1279 redasse un testamento in cui lasciava i suoi beni ai figli del conte Alessandro Alberti; dopodiché, di lei non si hanno più notizie. Gli antichi commentatori la definiscono "figlia di Venere" attribuendole molti amanti e sono concordi nel dipingere Cunizza come una donna lussuriosa a tal punto che, come lei stessa diceva, a chi le avesse chiesto cortesemente amore, sarebbe stata gran villania non concederlo.