"A chi chiede cortesemente amore sarebbe gran villania non concederlo"
Cunizza
da Romano nacque alla fine del sec. XII, forse nel 1198. Non se ne
hanno notizie anteriori al 1222, quando andò sposa a Rizzardo di San
Bonifacio, signore di Verona: un matrimonio politico che avrebbe
dovuto suggellare la ristabilita concordia dei da Romano con i San
Bonifacio, e fu invece coinvolto nella subito rinnovata ostilità tra
le due famiglie per il possesso di Verona. In questo quadro va
collocato l'avvenimento che sollevò allora grande clamore e lasciò
tanta eco intorno ai suoi due protagonisti: il ratto di Cunizza a
opera di Sordello.
Cunizza,
su istigazione del padre e dei fratelli, fu rapita dal poeta di corte
Sordello da Goito che la ricondusse alla casa paterna. Cunizza se ne
innamorò ardentemente e ciò causò la cacciata dalla corte
trevigiana di Sordello , che, per sottrarsi alle ire del marchese
inferocito, riparò in Provenza.
Cunizza,
dal canto suo, si consolò molto presto con un cavaliere trevigiano
di nome Enrico da Bovio. Morto Bovio, Cunizza sposò Naimerio Ponzio
dei conti di Breganze. Morto anche questi, Cunizza, passò ad altre
nozze con un veronese. Visse gli anni della maturità a Firenze dove
lo stesso Dante la conobbe, ormai dedita a una vita di espiazione e
di carità. Ne parla nel IX Canto del Paradiso, collocandola nel
cielo di Venere. Il suo personaggio compare anche nell'opera Oberto,
Conte di San Bonifacio,
prima di Giuseppe Verdi.
Nel
1279 redasse un testamento in cui lasciava i suoi beni ai figli del
conte Alessandro Alberti; dopodiché, di lei non si hanno più
notizie. Gli antichi commentatori la definiscono "figlia di
Venere" attribuendole molti amanti e sono concordi nel dipingere
Cunizza come una donna lussuriosa a tal punto che, come lei stessa
diceva, a chi le avesse chiesto cortesemente amore, sarebbe stata
gran villania non concederlo.