

E'
nelle Marche che prende forma viva e concreta il suo percorso di
artista, e nelle Marche rimane fino alla morte, lavorando tra Ascoli
Piceno, Fermo e Camerino. Inserito nel panorama artistico della
seconda metà del ‘400, il pittore dalmata sembra riflettere a
pieno lo spirito del tempo, ossia l’oscillazione tra le novità
prospettiche che si andavano affermando e l’espressionismo di quel
periodo, mentre permangono in lui residui di matrice tardogotica,
fatti di arabeschi e tratti dorati. Solo il disegno preciso e pulito
dei volti, l'aggiunta di ghirlande di frutta e fiori rivelano
l'appartenenza del pittore al primo Rinascimento nell'arte italiana.
Il risultati del connubio Gotico-Rinascimentale produce uno stile
originale con figure rivestite di abiti dalla struttura rigida, ma
ornati da gioielli e con visi dipinti con delicatezza.

L'interesse
per il Crivelli è di origine nordica, inglese, ed è legato al gusto
romantico del ritorno al "primitivi". L'amore per il
pittore - quasi una scoperta - fu enorme e la critica cominciò ad
interessarsi di lui. Aveva fino ad allora subito una certa eclisse
nella storiografia artistica. Ignorato da Vasari, menzionato
frettolosamente dagli storici veneziani del Seicento, si dovette
aspettare la fine del Settecento per avere un lucido giudizio sulla
sua opera, non a caso da parte di un personaggio originario proprio
delle terre in cui lavorò Crivelli, l'abate Luigi Lanzi. Egli
scrisse: «È pittor degno che si conosca per la forza del colorito
più che pel disegno; e il suo maggior merito sta nelle piccole
istorie, ove mette vaghi paesetti, e dà alle figure grazia, movenza,
espressione...».
La
data di morte del pittore non è certa, ma si pensa sia avvenuta a
Camerino intorno al 1495.