Gli
atleti usavano ungersi con olii prima di affrontare le gare;
successivamente si detergevano con l’uso della sabbia e di una
sorta di cucchiaio ricurvo, detto strigile (era
uno strumento dell'epoca, di metallo, ferro o bronzo, che era usato
solo dagli uomini e, principalmente, dagli atleti per pulirsi dalla
polvere, dal sudore e dall'olio in eccesso). In quest'opera l’atleta
è raffigurato mentre con lo strigile nella mano sinistra asporta la
sabbia e l’olio dal braccio destro disteso. Infatti il termine
Apoxyomenos (traslitterazione
dal participio
greco
ἀποξυόμενος,
"colui che si deterge") deriva dal verbo greco “detergere” e si
riferisce a questa pratica in uso nell’antica Grecia.
La
scultura, realizzata intorno alla metà del I secolo d.C. in marmo
pentelico (un
marmo bianco a grana fine),
è una replica del capolavoro bronzeo eseguito da Lisippo nella sua
maturità, intorno al 320 a.C. Si conoscono varie copie com varianti.
L’artista greco è riuscito a rendere il movimento delle braccia,
che con il loro forte slancio in avanti creano uno spazio chiuso e
conferiscono profondità all’immagine.
La
statua fu rinvenuta nel 1849 durante lo scavo di un edificio di età
imperiale nella zona di Trastevere, nel
vicolo delle Palme, che da quel ritrovamento, prese poi il nome di
"vicolo dell'Atleta". L'opera venne esposta, quasi subito,
nel Museo
Pio-Clementino della
Città
del Vaticano.